Eruzione del 1794

La sera del 12 giugno 1794 una forte scossa di terremoto indusse molte persone a passare la notte fuori. Già da mesi la terra tremava di continuo, lasciando presagire un evento catastrofico imminente. I torresi, in quel periodo, si riunivano spesso nella basilica di Santa Croce, pregando, pur di scongiurare quello che purtroppo, di lì a poco, sarebbe inevitabilmente accaduto.

Il 15 giugno del 1794 alle ore 22 un boato assordate, seguito da una violenta scossa di terremoto, diede inizio ad una delle eruzioni più devastanti per la città di Torre del Greco. Verso la base occidentale del cono si aprì una bocca che emetteva fuoco, nelle vicinanze seguivano altre bocche che lanciavano in alto pietre roventi, materiale vulcanico e lampi luminosi mentre della lava fluidissima scendeva ai fianchi del vulcano. Nel giro di poco tutte le bocche del Vesuvio eruttavano, creando una colata lavica imponente che scendeva in direzione del centro di Torre, percorrendo il Vallo e Via Scappi. Alcuni raccolsero le loro cose e scapparono verso Napoli, altri si riunirono nella parrocchia a pregare, mentre la lava, con velocità impressionante, raggiungeva il centro storico cittadino.

In uno scritto del Colletta si legge “fu visto dalla costa del monte colonna di fuoco avanzarsi in alto, aprirsi e poi per proprio peso cadere e rotolare sulla pendice, saette lucentissime e lunghe uscite dal vulcano si perdevano nel cielo, globi ardenti andavano balestrati a grande distanza. Il rombo sprigionato in suono”. L’orologio del campanile di Santa Croce segnava le ore 3 del mattino mentre il fuoco incandescente spazzava via la Basilica, la Congrega dell’ Assunta, il Conservatorio dell’Immacolata, le case e tutto ciò che trovava davanti al suo inarrestabile percorso. Quello stesso orologio, conservato all’interno del campanile, è ancora oggi fermo a quell’ora fatale, ed il campanile, unico superstite in Santa Croce, fu inglobato dalla colata per quasi 14 metri. Nel giro di sette ore il centro storico d Torre era seppellito sotto 12 metri di lava vulcanica e la linea di costa risultava avanzata di 150 metri a causa di un’immensa massa di basalto. Il giorno 19 la fitta coltre di cenere e fumo iniziò a diradarsi e la prima cosa che si vide fu il Vesuvio, troncato alla cima a causa della violenza eruttiva.

A giugno molti torresi si trovavano fuori, sulle loro imbarcazioni, impegnati nella pesca del corallo “caso miserando e pietoso”, si legge nel libro Storia di Torre“giacchè tornati i pescatori, trovarono la patria un deserto, arse le campagne e le loro case divenute dirupi”. L’allora Re Ferdinando IV di Borbone propose ai torresi, spaesati ed ormai nullatenenti, di spostarsi in luoghi lontani dal vulcano, più sicuri, ma questi ultimi, per amor di patria, rifiutarono, ed in brevissimo tempo, sulle lave ancora calde, costruirono la nuova Torre del Greco. Il Vesuvio, che per la sua meraviglia è capace di spiazzare qualsiasi osservatore e che i poeti tanto hanno decantato, definendolo sede preferita da Bacco per i vigneti, e da Venere per la bellezza, si fece, in quel lontano 15 giugno del 1794, artefice di morte e distruzione, segnando la nostra città in maniera indelebile e modificandone per sempre l’aspetto umano, sociale e morfologico.